Un museo per l’École
École française de Rome, Roma
29 maggio – 20 dicembre 2024
www.efrome.it
🇫🇷 🇮🇹

PRESENTAZIONE
estratto dalla cartella stampa.
Un museo per l’École: la collezione di antichità dell’École française de Rome
Nell’ambito delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’École française de Rome, si terrà la mostra intitolata « Un museo per l’École: la collezione di antichità dell’École française de Rome », ospitatanegli spazi espositivi della Galleria in Piazza Navona 62, sede dell’École. L’esposizione, curata dagli archeologi Christian Mazet e Paolo Tomassini, sarà aperta al pubblico dal 29 maggio al 20 dicembre 2024. La collezione presenta una gamma rappresentativa, esposta per la prima volta, di circa 200 reperti: sculture, terrecotte etrusco-laziali, vasi greci ed etruschi, oltre a documenti provenienti dagli archivi dell’École française de Rome e dagli inventari degli arredi di Palazzo Farnese.
Nel 1875, l’École française de Rome fu ufficialmente fondata. Il suo primo direttore, Auguste Geffroy (1820-1895), creò una ricca collezione di antichità per formare giovani storici e archeologi accolti in Italia. Quasi 150 anni dopo, la collezione esce temporaneamente da Palazzo Farnese per essere esposta al pubblico, e il museo immaginato per l’École diventa finalmente realtà.
I primi scavi ufficiali dell’École française de Rome ebbero luogo nel febbraio 1878 nel santuario di Ercole a Palestrina, voluti da Auguste Geffroy e condotti da Emmanuel Fernique (1854-1885). La collezione di antichità conserva numerose terrecotte votive di produzione etrusco-laziale, risalenti dal IV al II secolo a.C., conservate nel loro stato originale di scavo e che testimoniano le pratiche religiose dell’epoca repubblicana: frammenti di statue, teste votive, statuette, figurine animali ed ex voto anatomici.
La collezione comprendeva, sin dalla sua formazione, un’ampia sezione dedicata alla scultura antica. Dalla fine degli anni Settanta dell’Ottocento, diversi frammenti di statue e bassorilievi abbellirono i saloni del secondo piano di Palazzo Farnese, acquistati sul mercato antiquario di Roma da Auguste Geffroy. Un eccezionale sarcofago paleocristiano ancora oggi adorna le pareti della loggia. Queste sculture costituiscono un importante testimonianza di oltre sei secoli di storia dell’arte romana, dal II secolo a.C. al IV secolo d.C.
La collezione è composta da una trentina di vasi greci ed etruschi che il mercante romano Augusto Castellani (1829-1914) donò all’École nel marzo 1879. La maggior parte di essi fu probabilmente scavata dai fratelli Calabresi nella necropoli etrusca della Banditaccia a Cerveteri. Una selezione di ceramiche a figure nere e rosse, oltre a vasi in impasto e bucchero nero, illustra la ricchezza e la varietà delle produzioni greche importate ed etrusche. Alcuni vasi sono stati restaurati nel XIX secolo prima di entrare a far parte della collezione dell’École. Altri sono assemblaggi, o addirittura veri e propri pastiches, che un nuovo restauro ha messo in luce.
Nel museo progettato da Auguste Geffroy, un lotto era costituito da un accumulo di oggetti archeologici, principalmente sotto forma di frammenti, raccolti per la varietà dei materiali e la varietà delle classi. Questo insieme eclettico riflette il desiderio di comporre una collezione pensata per essere maneggiata e studiata. L’obiettivo principale era quello di mettere gli oggetti archeologici a disposizione dei membri dell’École, affinché potessero immergersi nei materiali di cui erano fatti, comprendere le tecniche di produzione e cogliere l’abilità degli artigiani dell’Antichità. Questo approccio è pienamente in linea con la definizione della formazione archeologica universitaria così come è stata elaborata in Francia alla fine dell’Ottocento.
Auguste Geffroy raccolse più di 300 manufatti: vasi greci ed etruschi, materiali provenienti dai primi scavi dell’École, sculture e piccoli oggetti di epoca romana. Sono rappresentativi di un momento specifico della storia dell’archeologia e delle collezioni di antichità nei primi decenni dopo l’Unità d’Italia. Alcuni oggetti degni di nota erano esposti nella sede dell’École a Palazzo Farnese, per essere vista dal personale e dai visitatori. Durante la pandemia, lo studio della collezione è stato ripreso in vista della sua conservazione, del suo restauro e della sua valorizzazione. Attraverso l’esplorazione degli archivi e l’analisi degli oggetti, è possibile ricostruire la storia della collezione, dalla sua formazione alla sua fortuna.
Fondata nel 1875, l’École française de Rome è un ente pubblico posto sotto la tutela del ministero francese dell’Insegnamento superiore e della ricerca. L’École ha come missione la ricerca e la formazione alla ricerca in archeologia, storia e nelle altre scienze umane e sociali, dalla Preistoria ai nostri giorni. Le sue aree d’intervento comprendono l’Italia, il Maghreb e i paesi del Sud-Est europeo che si affacciano sul mar Adriatico.
L’École française de Rome è presente su diversi siti archeologici dalla fine del XIX secolo. L’archeologia è stata al centro delle sue missioni fin dalla sua fondazione, prima nel Maghreb, poi in Italia soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale e nei Balcani. Oggi conduce una trentina di campagne archeologiche nel Mediterraneo. Dalla preistoria al periodo medievale, l’École partecipa attivamente al dibattito internazionale sulla pratica dell’archeologia.
UNA SELEZIONE DI OPERE
presentato da Christian Mazet e Paolo Tomassini,
archeologi, curatori di mostre.
Un’anfora etrusca

Anfora etrusca a figure nere attribuita al gruppo della Tolfa
3° quarto del VI secolo a.C. – 530 circa – Dimensioni: H. 32; L. 21
Produzione: Cerveteri – Provenienza: Cerveteri ?
École française de Rome – Inv. EFR.1964.25 © École française de Rome
L’anfora, donata all’École française de Rome nel 1879 dal mercante romano Augusto Castellani (1828-1914), si pensa sia stata rinvenuta nella necropoli di Cerveteri. Realizzata con la tecnica a figure nere in argilla bruna chiara, è stata realizzata in Etruria nella seconda metà del VI secolo a.C. La produzione può essere attribuita al Gruppo della Tolfa, una bottega di pittori che prese il nome dall’area geografica in cui fu rinvenuto uno dei primi vasi identificabili del loro corpus: i Monti della Tolfa, una catena montuosa al confine tra i territori delle città marinare di Cerveteri e Tarquinia. Il collo del vaso è decorato con un fregio di edera. Alla giunzione tra il collo e la spalla, dopo l’anello plastico, un fregio di lingue rosse e nere alternate introduce la scena figurata, identica su entrambi i lati del vaso: lo scontro tra due grifoni, creature ibride alate con il corpo di aquile e leoni. Il pittore ha utilizzato una sovradipintura rossa per evidenziare le piume interne delle ali, le zampe più arretrate nella composizione, creando un effetto di profondità, così come le lingue pendenti e le orecchie di cavallo. Il corpo è decorato con due larghe fasce di smalto nero, sottolineate da tre linee, che incorniciano un fregio di motivi ad onda, punteggiato da motivi a petali in bianco sovradipinto. La base del corpo è decorata con bordi a raggiera e presenta un restauro moderno in gesso alla giunzione tra il corpo del vaso e il piede, a sua volta molto probabilmente restaurato e poi ridipinto. Come in diversi esempi di anfore del gruppo di Tolfa, il vaso presenta un’ampia traccia di fuoco su gran parte del corpo.
Una testa di uomo

Testa maschile sbarbata in terracotta
Fine IV – inizio III secolo a.C. – Dimensioni: H. 18; L. 12 cm
Produzione: Palestrina – Provenienza: Palestrina, santuario di Ercole
École française de Rome – EFR.1964.60 © École française de Rome
Questa testa di statua a tutto tondo, residuo di una scultura più grande, è stata portata alla luce durante gli scavi effettuati nel 1878 dall’archeologo Emmanuel Fernique per l’École française de Rome, nel santuario di Ercole a Palestrina. Fratturato al collo e realizzato a stampo e a mano, presenta capelli corti e ricci finemente ritoccati con strumenti, così come alcuni dettagli delle narici e delle orecchie. Un frammento di abbigliamento, visibile in corrispondenza della rottura sulla spalla sinistra, fa pensare a una toga. Conservato così com’era quando è emerso dalla terra, è caratterizzato dalla conservazione di tracce di preparazione bianca e di colore rosso, a testimonianza della sua originaria policromia. Attribuita a una produzione etrusco-laziale, probabilmente locale, l’opera è databile tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C., grazie al suo stile influenzato dalla tradizione classica. Dovrebbe aver avuto funzione di ex voto, raffigurando un devoto, molto probabilmente il dedicatario stesso.
Una facciata di sarcofago

Fronte di un sarcofago paleocristiano a tema pastorale
Ultimo quarto del III secolo d.C. – Dimensioni: L. 213; L. 57
Produzione: Roma – Provenienza: mercato delle antichità romane (quartiere di Macao)
École française de Rome – EFR.2023.69 © École française de Rome
Questo sarcofago marmoreo, di cui si è conservata solo la parte anteriore, appartiene alla tipologia dei sarcofagi detti « pastorali ». Appartiene alla prima fase di sarcofagi a tema cristiano conosciuti in Italia centrale, che rappresentano immagini ben attestate del repertorio pagano senza alcun riferimento diretto ed esplicito al mondo cristiano. Il simbolismo dell’immagine si basa sull’associazione tra l’iconografia del pastore e il buon pastore del Vangelo. Il significato di questo tema è accentuato dal modo in cui viene espresso in maniera diversa nelle varie scene: al centro, la defunta occupa la posizione principale, verso cui convergono gli occhi dei due pastori alle estremità del sarcofago. Numerose analogie stilistiche – soprattutto nel trattamento degli alberi e delle pecore – si possono osservare tra il sarcofago e altri due sarcofagi conservati nel Museo Nazionale Romano (quello di Iulius Achilleus, legato all’iconografia pagana) e nei Musei Vaticani (il cosiddetto sarcofago « a grandi pastorali »). Da ciò si può supporre una datazione comune, l’ultimo quarto del III secolo d.C., e avanzare l’ipotesi che la stessa officina sia stata responsabile di queste produzioni. Di tutte le sculture romane e paleocristiane presenti nella collezione di antichità dell’École française de Rome, il sarcofago è l’unico di cui si conosce l’origine: fu acquistato da Auguste Geffroy sul mercato delle antichità romane durante il suo primo mandato come direttore dell’istituzione (1875-1882), più precisamente dal quartiere Macao (o Maccao) situato tra le Terme di Diocleziano, Porta Pia e il campo militare di Castro Pretorio. Da allora è sempre stato esposto sulla loggia di Palazzo Farnese.
